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TRANSIZIONE ECOLOGICA E CLIMA

La transizione ecologica è la trasformazione necessaria verso un modello di società e di utilizzo delle risorse che affronti la sindemia per ottenere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e dell’Agenda 2030, affinché il riscaldamento globale non superi gli 1.5° C rispetto ai livelli preindustriali.

In Europa, e, quindi, in Italia, l’impegno è di ridurre le emissioni del 55% (rispetto al 1990) nel 2030 e la la transizione ecologica deve seguire un approccio sistemico ossia basato sui bisogni della società e non
può avere una visione settoriale e tecnocratica, occorre invece pensare ad un disaccoppiamento tra crescita economica lineare del PIL, e il consumo di risorse e evoluzione sociale e di comunità.

La mera visione lineare di crescita economica, basata solo su rapporti di predazione e competizione, ha creato sfruttamento, disuguaglianze, sprechi, e determinato il depauperamento del capitale naturale e
umano. L'Economia circolare non è orientata solo al profitto, al contrario si occupa del benessere e di migliorare la qualità della vita, è un sistema economico pensato per potersi rigenerare da solo garantendo la sua ecosostenibilità: i flussi di materiali biologici sono reintegrati nella biosfera, quelli di materiali tecnici sono destinati ad essere rivalorizzati senza entrare nella biosfera.

Maggiore efficienza e riqualificazione energetica dell'edilizia
Incentivi agli impianti fotovoltaici e riduzione del 55% delle emissioni
Recupero delle aree dismesse
Progettazione del territorio e riqualificazione del patrimonio immobiliare
Piani di prevenzione degli eventi estremi e delle calamità naturali dovute al cambiamento climatico
SANITÀ
Misure di contrasto per i principali agenti inquinanti dannosi per la salute
Programmazione sanitaria a livello regionale e territoriale
Budget finalizzato al raggiungimento dei risultati sanitari e non solo alla quantità dei servizi
Organizzazione dei servizi pubblici delle ASST in Distretti, Dipartimenti e Presìdi Ospedalieri
Istituzione dei Dipartimenti di Prevenzione collettiva
Accreditamento di nuove strutture ospedaliere nelle zone sguarnite, per evitare squilibri e lunghi trasferimenti per gli utenti
Copertura da parte della Regione dei costi sanitari delle RSA e delle Residenze per Disabili
Incentivi alla medicina di gruppo per i Medici di Medicina Generale e creazione di Unità Complesse di Cure Primarie per le cure integrate delle malattie croniche
Uniformità delle centrali di prenotazione e accettazione, garantendo agli assistiti del SSN gli stessi tempi di attesa oggi riservati ai paganti e agli assicurati
Organizzazione di servizi per la tutela della Salute Mentale e per il contrasto delle Dipendenze
Consultori familiari operanti in un contesto di multidisciplinarità
Legge 194/1978 sull'interruzione volontaria di gravidanza come condizione necessaria per l'accreditamento dei consultori pubblici e privati 

La transizione ecologica deve ristabilire l’equilibrio armonico tra uomo e natura: la pandemia ci ha ricordato come la salute umana sia strettamente correlata alla salute del pianeta.

Ne è un esempio il tema della qualità dell’aria!

Occorre sinergizzare l’azione dei diversi assessorati al fine di avere un approccio comune alla salute ambientale e alla salute umana.

Circa 16.000 morti l’anno per malattie correlate all’inquinamento

atmosferico e un costante aumento di affezioni respiratorie nei bambini, direttamente riconducibili al degrado della qualità dell’aria che si respira. 

Questi dati impongono l’adozione di misure di contrasto sui principali agenti responsabili delle emissioni, in primo luogo gli allevamenti intensivi della pianura lombarda, il traffico autoveicolare, gli impianti di riscaldamento.

I cittadini lombardi hanno diritto a una sanità pubblica di prossimità che si rivolga alla persona non solo come paziente ma come cittadino a cui va garantito il diritto alla salute.

È necessario pertanto riorganizzare la sanità in Lombardia cancellando l’attuale legge Moratti e sostituendola con una nuova legge regionale che garantisca il fondamentale diritto alla salute sancito dall’art. 32 della Costituzione e riaffermi i contenuti della legge 833/78 che istituì il servizio

sanitario nazionale.

Il governo pubblico del Servizio Sanitario deve partire da una programmazione sanitaria a livello regionale e territoriale, con la definizione di obiettivi in relazione all’analisi dei bisogni di salute, che si

traduca in un Piano Socio-Sanitario Regionale (PSSR) vincolante anche per la ripartizione delle risorse finanziare tra i territori. In particolare, va rivisto il sistema di remunerazione, per finalizzare i budget ai risultati di salute e non solo alle prestazioni dei servizi. Il governo pubblico non deve essere limitato al controllo dei costi e finalizzato solamente al raggiungimento dell’efficienza erogativa delle prestazioni ma assumere il compito prioritario di migliorare lo stato di salute e il valore individuale e collettivo prodotto dal servizio.

I Servizi Pubblici delle ASST vanno organizzati in Distretti, Dipartimenti e Presìdi Ospedalieri, con attenzione all’integrazione socio-sanitaria, garantita in collaborazione coi Comuni. Il bacino di utenza delle ASST deve essere diviso in Distretti che servano una popolazione tra 50.000 e 100.000 abitanti, con deroghe per i territori montani e disagiati.

In ogni distretto va istituito il Dipartimento di Prevenzione collettiva e individuale, con attenzione agli elevati rischi sulla salute da inquinamento di aria acqua e suolo, e dovranno essere disponibili almeno

due Case di Comunità e un Ospedale di Comunità a gestione pubblica. Le Case di Comunità devono prevedere la presa in carico della persona attivando al proprio interno luoghi e momenti di collaborazione diretta

fra il settore sanitario e sociale col coinvolgimento dei comuni e dei municipi, non solo attraverso le assemblee già istituite dalla legge, ma anche attraverso strumenti di partecipazione democratica. A tale

scopo devono essere previsti spazi fisici per la partecipazione della popolazione.

A livello regionale gli ospedali devono essere organizzati nella rete

regionale ospedaliera la cui programmazione è dettata dal Piano Ospedaliero, in modo da fare coincidere la richiesta all’offerta. L’offerta di cure intermedie da parte degli Ospedali di Comunità deve essere

collegata a un consistente aumento di letti di medicina generale per le cure nella fase di acuzie, evitando le dimissioni precoci o i trasferimenti diretti in Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA). Gli accreditamenti

di nuove strutture ospedaliere devono incentivare l’offerta in zone sguarnite evitando squilibri nell’offerta o lunghi trasferimenti da parte degli utenti.

La gestione delle RSA e delle Residenze per Disabili, per oltre il 90% in capo a soggetti privati, nelle quali sono accolti malati cronici non autosufficienti i cui costi per il 60% risultano a carico della persona o del comune di residenza, va ricondotta all'interno del Servizio Sanitario Regionale. Deve essere quindi garantita la copertura dei costi sanitari da parte della Regione con criteri valutativi prefissati per tutte le strutture nel rispetto dei nuovi livelli essenziali di assistenza.

I Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta vanno incentivati alla medicina di gruppo e a operare nelle Case della Comunità o in collegamento funzionale con esse, formando Unità Complesse di

Cure Primarie, a cui vanno ricondotte le cure integrate delle patologie croniche.  Vanno attuate le normative in vigore per la gestione delle liste di attesa, legandole a obiettivi di massima trasparenza e contenimento dei tempi, utilizzando gli incentivi previsti per l’implementazione

dell’offerta. I servizi privati e pubblici devono rendere pubbliche le liste di attesa per ricoveri e prestazioni, garantendo contrattualmente gli stessi tempi di attesa per gli assistiti del SSN come per tutti gli altri paganti in proprio o coperti da tutele assicurative. Vanno uniformate le centrali di prenotazione e accettazione, includendo anche privati convenzionati, accorpandole per aree omogenee.

I Distretti, nel quadro dell’integrazione socio-sanitaria, devono organizzare i servizi di salute mentale degli adulti, dell’età evolutiva e per le dipendenze favorendo tutti gli interventi di promozione e tutela della salute mentale, in collaborazione coi Dipartimenti di Prevenzione. 

I Consultori familiari devono operare in collegamento funzionale con le Case di Comunità in un contesto di multidisciplinarità, scomponendo le

gerarchie verticali delle conoscenze e delle organizzazioni in dimensioni orizzontali e pluridisciplinari, con pari dignità delle varie professioni, prevedendo forme di partecipazione delle donne per la programmazione e il controllo delle attività consultoriali. L’attuazione della legge 194/1978

sull’interruzione volontaria della gravidanza deve avere un ruolo centrale e deve essere condizione per l’accreditamento dei consultori pubblici e privati.

MOBILITÀ, INFRASTRUTTURE E TRASPORTI

La mobilità urbana è una delle principali cause dell'inquinamento e di emissioni di gas climalteranti.
In Italia l’80% di emissioni deriva da trasporto su gomma e di queste il 70% è dovuto a trasporto passeggeri per spostamenti inferiori ai 50 Km

Occorre implementare anche in Lombardia la strategia Europea Avoid, Shift, Improve:
- Avoid (Evitare) : risparmiare traffico evitando gli spostamenti non necessari
- Shift (Cambiare) : prediligere lo spostamento di merci da gomma a ferro e passeggeri da auto privata a mobilità ciclabile, pedonale e condivisa
- Improve (Migliorare) : utilizzare la migliore tecnologia disponibile a emissioni zero

Mobilità sostenibile
Rilancio del Trasporto Pubblico Locale
Potenziamento delle linee ferroviarie, orientate alla cura del ferro e mutuate da proposta Legambiente.
Sostenimento delle necessità dei pendolari
Pianificazione di una logistica sostenibile
LAVORO E FORMAZIONE PROFESSIONALE
Tutela dei cittadini e dei lavoratori più a rischio disoccupazione e marginalità lavorativa
Investimento sull'acquisizione delle competenze trasversali, abolizione del tirocinio e incentivazione del contratto di apprendistato
Rafforzamento del sistema di formazione dei centri per l'impiego
Digitalizzazione della Pubblica Amministrazione e formazione continua dei dipendenti pubblici
Settimana lavorativa breve

La transizione ecologica deve essere giusta, come espresso dalla dichiarazione di Silesia (COP 24 Katowice 2018):
non c’è giustizia ecologica climatica e ambientale senza giustizia sociale.

Tramite la transizione ecologica si deve passare da modelli economici estrattivi basati sullo sfruttamento delle risorse naturali e umane, a modelli rigenerativi che danno valore ai diritti umani e servizi ecosistemici.
In questo deve essere concepito un nuovo mercato del lavoro che abbia come volano di ripresa i green job.
Sollecitiamo altresi una più stretta integrazione fra sistema pubblico e privato per facilitare un virtuoso incontro da domanda e offerta di lavoro.

WELFARE E DIRITTI

Le risorse e il capitale naturale sono patrimonio delle comunità e degli individui fin dalla nascita. Il loro utilizzo deve essere basato sull’equità intergenerazionale, preservato e garantito per le prossime
generazioni.

La transizione ecologica è un processo desiderabile, perché in grado di soddisfare le reali istanze aperte della società rispondendo ai bisogni primari insoddisfatti e diminuendo i bisogni indotti e il divario sociale.

Investimenti sull'housing sociale e istituzione di un fondo per chi non riesce ad accedere al mercato della casa
Contrasto alle discriminazioni di genere e di orientamento sessuale, in un'ottica di pari opportunità
Investimento negli asili pubblici
Investimento su politiche strutturali e servizi integrati per le persone con disabilità
Implementazione delle politiche per gli anziani
Definizione di politiche per l'integrazione delle persone straniere
ATTIVITÀ PRODUTTIVE E PMI
Favorire l'internazionalizzazione delle PMI
Sostegno effettivo alle imprese più piccole per garantire l'accesso al credito
Realizzazione di un nuovo modello economico basato sulla responsabilità sociale d'impresa, al fine di coniugare crescita economica e ricadute sociali
Abolizione del "click day" e promozione di procedure per consentire l'accesso ai sostegni a tutti gli aventi diritto
Creazione di una politica industriale condivisa che accompagni la trasformazione delle filiere produttive
Facilitare la partecipazione al mercato degli appalti per le aggregazioni tra operatori economici e contrastare le prassi monopolistiche

La transizione ecologica deve portarci fuori da un sistema economico produttivista ed estrattivista ed entrare in un sistema economico generativo.

E’ necessaria quindi la riforma del sistema fiscale, ora basato sulla tassazione del reddito, per passare ad un sistema inclusivo che tassi le emissioni prodotte e il consumo di risorse naturali; senza atteggiamenti punitivi, ma equi, in grado di mobilitare gli investimenti e ottenere risultati positivi quantificabili nel medio e lungo termine.

I fondi europei che provengono dall’ EU Green New Deal e dal NEXT GENERATION EU rappresentano
una grande opportunità a livello nazionale e cittadino: il solo fondo di Giusta Transizione all’interno del Next Generation EU ammonta a 10 miliardi!!
Queste risorse economiche devono essere allocate per la sfida della transizione ecologica.

Esse non possono rappresentare un alibi per continuare il “business as usual” ma devono essere usate per favorire questa trasformazione storica per tutta la comunità.

SCUOLA

L’istruzione è uno dei settori piu’ importanti per il futuro sostenibile, orientato alle nuove generazioni.
Come EV chiediamo che in Lombardia il settore dell’istruzione sia mantenuto sempre innovativo e all’avanguardia.

Potenziamento della normativa relativa alla concessione delle borse di studio
Incentivare gli investimenti sulla ricerca per rendere più attrattive le università
Creazione di un Istituto di Ricerca con l'obiettivo di limitare la fuga dei cervelli
Finanziamento della ricerca per gli asset strategici per lo sviluppo della Lombardia
DIGITALIZZAZIONE E SEMPLIFICAZIONE DELLA BUROCRAZIA
Digitalizzazione estesa nel rapporto tra PA e imprese anche attraverso l’interoperabilità delle
banche dati pubbliche
Mappatura di tutte le procedure amministrative che riguardano le attività economiche
Razionalizzazione e standardizzazione dei procedimenti e della modulistica,
Riorganizzazione delle competenze e riduzione del numero di Enti Pubblici coinvolti nel medesimo procedimento.
Remunerazione diretta dei comportamenti e delle azioni dei cittadini a favore dell’ambiente e della società
Miglioramento e maggiore accessibilità del Domicilio Digitale
Efficientamento e centralizzazione del sistema di valutazione dei requisiti delle imprese interessate ad
appalti, contratti e concessioni;
Ammodernamento del Welfare State con la creazione di reti territoriali dotati di una propria autonomia di bilancio
Introduzione di un'app sanitaria per la gestione del fascicolo sanitario elettronico
Centralizzazione del sistema di assunzioni nella PA

ll web è una risorsa universale che rappresenta una metafora del mettere in rete le risorse umane e digitali e realizzare una transizione da smart city, fredda e automatica, a green city, luogo vitale e metabolico.

La rete è fonte primaria di condivisione di informazioni, ma è uno strumento e come tale deve essere utilizzato in modo ecologico.

Siamo quindi favorevoli ad un utilizzo dei dati in modalità open-source, facendo dei big data una risorsa pubblica e non una risorsa sotto l’interesse di pochi.

Occorre esplorare, alternative al copyright come i creative commons, e copyleft.

Abbiamo inoltre visto negli anni un aumento della digitalizzazione dei servizi pubblici che non sempre ha semplificato la vita dei cittadini. L’innovazione non è portare quanto si faceva sulla carta in uno smartphone,
ma è rendere veloce e semplice i processi. Innovazione è anche decidere cosa non si deve più fare: ad esempio concentrarsi sull’integrazione tra banche dati per dismettere le autocertificazioni o le copie di
documenti.

Sburocratizzazione e semplificazione sono alla base di un processo di sviluppo che da anni frena la crescita sana per mitigare quella malata. L’impresa sana e virtuosa produce ricchezza sostenibile con un ruolo
sociale ed educativo, ma lo stato con meno ingerenza burocratica sul privato deve premiare processi virtuosi del mondo privato. Questi processi occorre misurare in modo serio aumentando anche il quoziente
di fiducia tra pubblico e privato.

Dal punto di vista tecnologico, un grosso scoglio all’innovazione ed ai risparmi per le PA è dato dalla frammentazione amministrativa: i tanti comuni sono certamente un ostacolo alla razionalizzazione ed alla
diffusione delle migliori pratiche, in ottica anche di smart cities e di progetti che facilitino la transizione ecologica.

Occorre ipotizzare l’adozione di software per le PA meno frammentati, accorpati almeno a livello provinciale e regionale, per ridurre la complessità e i costi di manutenzione. Le unioni di comuni per questi servizi sono un palliativo inutile e controproducente.

Questa razionalizzazione permetterebbe anche la verifica dei requisiti normativi, che spesso non vengono rispettati anche su fronti molto importanti come l’accessibilità.

Anche a livello di gestione della privacy, occorre equilibrare il diritto alla riservatezza, che va garantito con più attenzione rispetto ad oggi, con la cooperazione applicativa, in modo da non bloccare la creazione di servizi per i cittadini, soprattutto in tema di legalità e di tutela sociale.

E’ tecnicamente possibile incrociare banche dati attraverso tecnologie già consolidate come la blockchain ed algoritmi crittografici non reversibili, anche in maniera coordinata con l’Unione Europea.

AGRICOLTURA, ALLEVAMENTI E GESTIONE DELLE ACQUE

Agricoltura e allevamento, attività primarie per la vita dell’uomo e importanti per la conservazione dell’ambiente, sono nella nostra regione contemporaneamente sia attività a rischio, perchè in molte zone oppresse dall’eccessivo consumo di suolo, sia attività dal forte impatto sulla salute se concentrate nella loro forma intensiva.

Gli allevamenti intensivi, numerosi in pianura Padana e in Lombardia, sono fonte principale di emissioni di ammoniaca che si combina in atmosfera con altre componenti (ossidi di azoto e di zolfo) generando le polveri fini, molto pericolose per la salute umana. Dagli allevamenti proviene il 17% del PM2,5 (più che dal settore trasporti e industrie) con picchi per la Lombardia del 50% (fonte Greenpeace).

Nella nostra regione, come in altre della pianura padana, attività illegali di spandimento di fanghi tossici hanno interessato migliaia di ettari di terreni agricoli, con grave pericolo per la salute e per la qualità delle falde acquifere causando altresì problematici casi di molestie olfattive.

La scorsa estate anche la nostra regione è stata colpita da un’ondata di calore e da una emergenza idrica senza precedenti. Secondo il Consiglio Nazionale delle Ricerche la Lombardia ha avuto la più alta percentuale (62%) di superficie interessata da siccità di livello severo-estremo. Le conseguenze sono state l’abbassamento delle falde, la mancanza d’acqua potabile e per l’irrigazione, la sofferenza dei fiumi con evidente moria di pesci in condizioni già pessime a causa della carente qualità delle acque.
Anche nella stagione autunnale è mancato il 43% della pioggia normale amplificando una carenza che si prolungava da mesi.

Non sono sufficienti le formali dichiarazioni di stato di emergenza: i danni per l’agricoltura sono stati ingenti (secondo Confagricoltura Lombardia dal 30 al 50%) e a questi si aggiungono i preoccupanti effetti sulla vita e la salute di tutti i cittadini nel caso tale crisi climatica dovesse ulteriormente
aggravarsi.

Costruire un nuovo modello di sviluppo agricolo orientato verso la transizione sostenibile
Riordinare e rivalutare le procedure autorizzative per le attività a carattere intensivo
Rilanciare il ruolo fondamentale dell’agricoltura per la valorizzazione del territorio e la conservazione
della biodiversità
Incentivare l’agricoltura realmente sostenibile e la filiera corta
Sostenere strumenti, strategie e tecnologie avanzate
(Agricoltura 4.0)
Favorire lo sviluppo agricolo nelle aree montane e il recupero di terreni agricoli abbandonati
Definire un Patto per l’Acqua condiviso e un piano di prevenzione in capo alla Regione
Sostenere una maggiore attenzione al ciclo integrato delle acque
Aumentare il recupero dell’acqua piovana e l’impiego di acqua non potabile
Attuazione di sistemi di drenaggio urbano sostenibile e 
depavimentazione delle superfici asfaltate
Predisposizione di un piano operativo di cura e tutela del reticolo idrico
Creazione di un piano di protezione dei ghiacciai dell’arco alpino
I PARCHI IN LOMBARDIA
Riformare la gestione dei Parchi riportando le competenze nella governance
Rapida approvazione dei piani dei Parchi  e  dei  finanziamenti delle attività locali, sul modello
altoatesino, austriaco o svizzero.
Rafforzamento della presenza di servizi pubblici a tutela delle comunità locali
Aumento dell'autonomia dei Parchi Regionali
Destinare i bilanci dei Parchi agli investimenti per la protezione della natura e agli incentivi delle economie locali compatibili
Utilizzo delle tasse automobilistiche per il finanziamento delle aree protette

Nella Regione con una biodiversità tra le più ricche d’Italia, per via della variabilità dei suoi ben 57 habitat, alpini e di pianura, 71 specie animali e vegetali e 87 specie di uccelli protetti a livello europeo, la tutela delle aree protette è solo sulla carta.
Nonostante a dicembre Regione Lombardia abbia approvato la Strategia sulle aree protette, proprio mentre nella COP 15 sulla biodiversità la comunità internazionale ha deciso che occorre tutelare in modo serio il 30% del pianeta per poter continuare a beneficiare dei frutti e della protezione che le aree protette ci assicurano, ad oggi molti dei parchi lombardi non hanno un piano del parco.

Il Parco dello Stelvio, il più importante, per effetto delle pressioni politiche regionali è stato derubricato alla sommatoria di tre parchi regionali, uno spezzatino che diviso tra Lombardia, Veneto e Province di Trento e Bolzano non ha un piano perché dovrebbero essere messi insieme tre piani locali, che ovviamente non riescono a vedere la luce e a dialogare tra di loro. Il risultato è che dalla sua istituzione ad oggi si sono realizzate centrali, impianti da sci che ci sono costati procedure di infrazione europea in
occasione dei mondiali di sci del 2005), villaggi turistici, insomma tutto tranne che una protezione seria e una gestione adatta a portare avanti politiche turistiche sostenibili capaci di portare ricchezza alle
popolazioni locali, grazie a un ambiente preservato.

Gli altri Parchi non stanno meglio: il Parco delle Orobie Bergamasche, il parco delle Orobie Valtellinesi, il Parco della Grigna sono senza piano del parco. Quindi manca uno strumento che assicuri che il parco possa assolvere alle funzioni che tutti gli stati del pianeta nella Cop 15 hanno riconosciuto dipendere dalle aree protette: erogazione dei servizi ecosistemici (acqua pulita, mitigazione del clima, protezione 

idrogeologica, agricoltura di qualità, generazione di biodiversità, protezione delle comunità umane dalle malattie, fibre, valori ricreativi).

E anche i Parchi che un Piano ce l’hanno, come il Parco del Ticino, il più importante corridoio ecologico tra appennini e Alpi, dovrebbe venir sacrificato alla crescita senza fine dell’aeroporto di Malpensa.

La ragione di questa débâcle dei Parchi sta anche nella governance, in cui hanno la maggioranza i rappresentanti dei comuni e della Regione, che insieme a cacciatori e ad agricoltori godono di diritto di voto mentre ai rappresentanti delle associazioni ambientaliste, in minoranza (1 solo
componente) e spesso solo meri uditori.

Non è tutto, perché la recente riforma regionale dei parchi ha visto addirittura spostare le competenze prima riservate ad enti gestori competenti e vicini alle aree protette a enti lontani e con habitat diversi,
contraddicendo il monito dell’Unione europea e dando vita a un sistema irrazionale, in cui non solo controllare, ma anche gestire per creare ricchezza sostenibile è del tutto impossibile.

L’ultima chicca è una proposta della Giunta Regionale che vorrebbe riformare la figura dei Direttori dei Parchi, ad oggi necessariamente dotati di competenze scientifiche, eliminando questo requisito.

Il tutto in un contesto montano o rurale che ha perso abitanti, in cui si chiudono scuole, ospedali, uffici postali, piccole attività artigianali, e in cui il futuro si lega a faraonici progetti di infrastrutturazione sciistica che non avverranno mai perché al 2030 di ghiacciai, neve e acqua ce ne sarà poca, o di consumo di suolo che non porta bellezza o reddito diffuso.

EQUITÀ INTERGENERAZIONALE E PARTECIPAZIONE

Non può mancare il dialogo intergenerazionale, né il coinvolgimento delle realtà giovanili che negli ultimi anni hanno amplificato il messaggio ambientalista.
La resilienza, la trasformazione e il cambio di paradigma “comunitario” coinvolgeranno tutta la società e potranno essere realmente promossi solo attraverso un processo di partecipazione attiva.

Il modello che vorremmo è trasformativo e non statico e non meramente legato all’intervento dello stato stato:
la transizione ecologica non può essere imposta e non deve essere tecnocratica.
La tecnologia funzionale alla trasformazione ecologica deve essere “sana” e appropriata al contesto: quando aiuta a vivere meglio riducendo la complessità dei problemi del nostro tempo. e aumentando la sostenibilità
delle nostre azioni.

Creazione di un meccanismo di dialogo strutturato con movimenti e gruppi giovanili
Favorire gli scambi europei e internazionali dei giovani
Promozione di assemblee cittadine strutturate
Incremento delle le borse di studio per studenti meritevoli e in base al reddito

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